Flussi di Sergio Benvenuto

La religione in Italia, oggi (2007)10/mar/2017


Pubblicato in :

-“Religion zieht!”, Lettre International, 76, 2007, p. 128.

- « Religia – pe creasta valului !... », Lettre Internationale Ediia român, 61, 2007, p. 113-4.

 

 

  1. 1.    Scattolicizzazione dell’Italia

 

          La maggior parte degli intellettuali italiani sono convinti – come gli intellettuali di altri paesi – che da alcuni anni imperversi un massiccio Ritorno della Religione. Che la gente si converta o si riconverta a valori religiosi. Eppure, dai dati sociologici risulta che negli ultimi vent’anni l’Italia si è, anche se più lentamente e in minor misura di altri paesi, scristianizzata. Almeno fino all’elezione di Benedetto XVI – dopo, si accenna forse un’inversione di tendenza.

Oggi nel 2007, anche se l’86% degli italiani si dichiarano cattolici[1], diminuiscono le persone che dichiarano di andare regolarmente a messa la domenica (oggi solo il 21,4% dei credenti ci va), aumentano le persone che scelgono il matrimonio civile al posto di quello religioso[2], aumentano le coppie che divorziano e le coppie di fatto[3]. Da notare poi che la partecipazione religiosa assidua è più alta tra gli anziani e tra la gente del Sud.  Diminuiscono le vocazioni al sacerdozio: all’inizio del Novecento i sacerdoti in Italia erano 69.000, oggi sono solo 31.474, anche se la popolazione italiana è quasi raddoppiata nel frattempo[4]. Circa una parrocchia su cinque risulta scoperta. L’età media dei sacerdoti in Italia è di 60 anni; e il 4,5% di loro proviene da paesi più poveri – dall’Europa dell’Est, dall’Africa, dall’Asia, dall’America Latina[5]. Quando si chiede agli italiani di esprimere un giudizio su questioni su cui la Chiesa ha posizioni forti, come l’aborto o l’eutanasia, in maggioranza esprimono giudizi in contrasto con l’insegnamento della Chiesa, persino tra gli stessi cattolici praticanti. Oggi 68% degli italiani si dicono favorevoli all’eutanasia, mentre negli anni ’80 si dichiarava favorevole solo il 24,5% degli interpellati. Il 56% degli italiani è favorevole a legalizzare in qualche modo l’unione tra gay (nel 1993 erano solo il 39%)[6]. Da un sondaggio del dicembre 2006, si deduce che “l’affidamento alla Chiesa come portatrice di giudizi definitivi sulle questioni etiche è andato progressivamente decrescendo. Alla domanda ‘di chi avrebbe più fiducia se dovesse farsi un’opinione sull’eutanasia?’, la quota di chi risponde ‘gli amici’ o ‘i media’ supera la quota di chi indica ‘la Chiesa’ persino nel segmento dei cattolici praticanti.”[7] D’altra parte, il principio della separazione tra stato e chiesa si è affermato - ad esempio, il 60% degli italiani non condivide (marzo 2007) che “la Chiesa indichi ai parlamentari cattolici di votare contro i Dico”. I Dico sono stati un tentativo, fallito, di legalizzare le coppie di fatto. Il 74% ritiene che i politici cattolici sui Dico debbano “votare liberamente secondo coscienza”.

Il declino della religiosità si accentua tra i giovani. E’ stato chiesto agli italiani[8] quali fossero i due ambienti a cui si sentissero maggiormente legati: l’Italia / la città / la chiesa-la religione / la classe sociale / l’organizzazione o categoria professionale / la squadra di calcio / il partito o movimento politico. Lo scarto tra le risposte dei giovani (15-24 anni) e quelle dell’intera popolazione è significativo. “Fra i più giovani per prima viene la città, poi l’Italia (nella popolazione la classifica è invertita). Poi la squadra di calcio: 17,3% (nella popolazione: 10%), appena sopra alla religione: 17,2% (popolazione: 29,2%). In fondo la politica: 6,9% (popolazione: 5,7%).[9]”  

          Certo, rispetto ad altri paesi cattolici – come Francia e Spagna – l’Italia appare una nazione ancora largamente ipotecata dalla mentalità cattolica. Basti pensare che l’88,2% degli italiani considera importante dare ai figli comunque un’educazione cristiana. E la minoranza cattolica praticante condiziona la vita politica italiana[10]. Sul piano invece della mentalità e del costume, l’Italia e gran parte dell’Europa vanno in contro-tendenza non solo rispetto all’Africa e all’America Latina – dove assistiamo a un boom di entusiasmo religioso, soprattutto tra gli umili – ma anche rispetto agli Stati Uniti, che registrano una partecipazione religiosa ben più forte dell’Europa. (In effetti, gli US risultano il più religioso dei paesi industrializzati. Il 98% degli americani dichiara di credere in una religione monoteista; l’81% si dice cristiano; il 47% afferma di leggere con una certa regolarità la Bibbia.)

          Ma allora, perché l’opinione qualificata si è convinta che anche in Europa la religione ritorna? Ho il sospetto che, nel fondo, è qualcosa che si desidera, persino da parte di chi si dice laico: più che le masse, oggi la religione attrae gli intellettuali, compresi molti di sinistra.

 

2. Immaginario papista

 

Il punto è che, benché in declino nelle coscienze europee, la religione fa spettacolo. Il fatto che l’agonia e morte di papa Woytila, nel 2005, abbia monopolizzato le televisioni di gran parte dell’Occidente, anche non cattolico, ha impressionato molto un’intellighentjia per la quale, malgrado i suoi dinieghi, l’apparenza mediatica equivale ormai alla sostanza sociologica. Soprattutto il cattolicesimo è capace di imbastire giganteschi spettacoli mediatici. In effetti, il cattolicesimo sta alle chiese protestanti come re e regine stanno ai presidenti della Repubblica: i primi attraggono molto più l’attenzione dei media popolari rispetto ai secondi, perché monarchi e papi – in carica a vita, non eletti dal popolo - godono di un carisma da fiaba di cui un presidente eletto democraticamente non godrà mai. L’immaginario popolare, in Occidente, è monarchico e papista, non repubblicano e calvinista.

Soprattutto colpisce gli intellettuali la realizzazione, anche se in ritardo di un secolo, della profezia di Nietzsche, per il quale le guerre nel XX° secolo si sarebbero rivelate per quelle che sono sempre: come guerre di religione. Malgrado l’ipocrita eufemismo “guerra globale al terrorismo”, tutti sappiamo che l’Occidente cristiano ed ebraico da anni è, di fatto, in guerra con una parte dell’Islam. E non mi si dica che non è vero perché la maggioranza dei mussulmani non vogliono questa guerra! Anche nel Cinque-Seicento con ogni probabilità la maggioranza dei cattolici e dei protestanti non voleva la guerra, eppure quel secolo ha visto crudelissimi conflitti di religione. Ora, la guerra di religione fa notizia. E quindi fanno notizia anche le religioni in guerra. Non a caso quotidiani e settimanali anche molto “laici” danno sempre più spazio a temi religiosi e mistici – come “Il Sole24 Ore”. Da una parte le loro pagine culturali ospitano sempre più articoli su temi scientifici e tecnologici; dall’altra ospitano sempre più temi squisitamente mistici e religiosi. Di fatto, vige oggi una par condicio tra Scienza e Religione. Insomma, “la religione tira”, anche se in concreto la nostra vita si secolarizza sempre più.

 

3. Ritorno all’Assoluto

 

A molti intellettuali la chiesa cattolica pare polarizzata, anzi ossessionata, da questioni sessuali e bioetiche: opposizione alla legalizzazione delle coppie omosessuali, al divorzio, all’aborto, alla ricerca sugli embrioni e sulle staminali, all’eutanasia, alla fecondazione eterologa, ecc. Ma questa percezione è ingiusta, perché di fatto la chiesa cattolica si occupa di tante altre cose – della pace, dell’ecumenismo, del confronto con le altre religioni, della solidarietà sociale, dell’accoglienza degli immigrati, ecc. Il punto è che su tutti questi altri temi la chiesa dice cose troppo simili a quelle che pensa il laico, mentre sulla morale sessuale e biologica invece la chiesa afferma cose del tutto divergenti da quelle del laico, e quindi sono proprio queste a colpirlo. Ma mi chiedo se le posizioni censorie della chiesa non vengano sopravvalutate dagli anti-religiosi: di fatto, i cattolici divorziano, abortiscono, ricorrono all’eutanasia, ecc., come tutti gli altri. Statisticamente un po’ meno dei non-religiosi, ma non in modo così vistoso. E di solito questi peccati vengono assolti dai confessori. Paradossalmente, più la Chiesa perde influenza nel regolare i comportamenti degli stessi credenti nei paesi iper-industriali, più aumenta il suo prestigio. Un po’ come è accaduto e accade a certi filosofi o scrittori prestigiosi: la massa non li legge, quello che dicono non modifica in nulla le opinioni della gente, eppure le loro esternazioni godono di alto credito, vengono riportate dai giornali. La chiesa affascina proprio nella misura in cui, sempre più in Europa, urla nel deserto.

Ma c’è un’altra ragione di fondo per cui oggi la religione “tira”. Molti intellettuali puntano sulla religione per opporre al crescente fanatismo mussulmano qualcosa a esso omologo. C’è la percezione, spesso alquanto confusa, che ai valori assoluti della religione, a cui si richiamano Hamas, Hezbollah o Al Qaeda, non si possano opporre i valori relativi del benessere individuale e della crescita del PIL. In fondo, questa reazione mimetica – che ricorda “l’identificazione all’aggressore” di cui parla la psicoanalisi – non è nuova nell’Occidente liberal-democratico. All’epoca della Guerra Fredda, l’Occidente al socialismo aveva opposto il keynesismo: una teoria economica che promuoveva l’intervento dello stato nell’economia. All’epoca della Guerra Fredda l’Occidente ha sviluppato al massimo il welfare state, la sicurezza sociale, ha potenziato il ruolo dei sindacati – è come se avesse voluto battere il comunismo sul suo stesso terreno, adottandone in parte motivi e strumenti. E’ solo quando il blocco sovietico ha cominciato a dare segni di cedimento che è tornato in auge, con Reagan e Thatcher, il liberismo più ortodosso. Quest’imitazione del nemico è apparsa una strategia vincente: il comunismo è imploso non perché, ahimè, la gente a Est abbia sentito un bisogno impellente di libertà, ma perché colà ci si è resi conto che il livello di vita di un operaio tedesco o americano era ben più alto del livello di vita di un operaio sovietico. E’ allora forte in Occidente la tentazione di ripetere l’exploit: opporre al nuovo nemico globale – il fondamentalismo islamico – qualcosa di speculare: un forte revival religioso da noi. Opporre all’assolutismo fanatico di Ahmadinejadh o di Haniyeh l’anatema di papa Ratzinger contro il relativismo, manifesto che gli ha spianato la strada al soglio pontificio. Ancora una volta, imitare il nemico mortale per batterlo sul suo stesso terreno. Si pensa che non basti opporre al totalitarismo mussulmano la democrazia occidentale, anche perché spesso libere elezioni fanno vincere i radicali islamici, come abbiamo visto di recente in Iran, Palestina e Iraq. Si è tentati di opporre all’Islam valori forti, dogmi indiscutibili, la massima coesione culturale – insomma, la religione.

 

4. Il fascino del papa antipatico

 

Ora, in Italia, questo Ritorno della religione – in identificazione mimetica all’Islam – sta dando qualche frutto. Un altro paradosso: secondo una ricerca Demos-Eurisko[11], oggi (marzo 2007) papa Benedetto XVI gode di una fiducia tra gli italiani molto inferiore a quella di cui godeva Giovanni Paolo II nel 2003 (il 53,7% del primo contro il 77,2% del secondo), eppure la crociata di Ratzinger per rafforzare l’identità cattolica sembra dare qualche frutto. E’ vero che la percentuale di italiani favorevoli ai Dico sono ben il 50,3% nel febbraio-marzo 2007 (i contrari sono solo il 40%): eppure erano il 63% nel giugno 2006. E’ vero che il 58% degli italiani è disposto a considerare le differenze religiose come espressioni diverse di una medesima fede – ma sono quasi il 10% in meno rispetto al 2003. E’ vero che solo il 23% dei sedicenti cattolici crede nella verità assoluta del loro credo – ma erano solo il 16% nel 2003. E’ vero che oggi il 55% considera il divorzio moralmente accettabile – ma era il 69% nel 2003. Il 69% ammette in Italia la convivenza tra persone non sposate – ma era il 79% nel 2003[12]. Cosa può significare questa conversione conservatrice così rapida di tanti italiani?

Potrebbe essere solo un fenomeno di risacca, un riassestamento delle opinioni dopo un lungo periodo di declino dell’etica religiosa, un ciclo certo favorito dall’irrigidimento di papa Ratzinger rispetto alla duttilità pastorale di papa Woytila, senza che questo abbia il significato di una drastica svolta conservatrice della società italiana. Ma come non pensare che questo riflusso conservatore sia, anche, una risposta “identitaria” a quello che milioni di occidentali percepiscono come un planetario conflitto di civiltà? Anzi, di civiltà prima di tutto religiose? 

Si dirà: ma Bush e Blair hanno scatenato la guerra in Iraq (per limitarci alle motivazioni esplicite) per esportarvi la democrazia liberale, non il cristianesimo. E’ vero, ma portare la democrazia con le armi ricorda più una crociata medievale che quella circolazione libera e disarmata delle idee di cui la democrazia si nutre. Anche quando l’Occidente non si appella esplicitamente a Cristo, è con stile fondamentalista che oggi tende a contrapporsi al fondamentalismo. Tempi duri per laici e moderati.

 

 

Sergio Benvenuto

 

 

 


[1] Il 4,3% degli italiani si dichiarano seguaci di altra religione, il 9,2% dice di essere ateo.

 

[2] Nel 1975 il 91,6% delle coppie italiane che si sposavano sceglieva il rito religioso, nel 2005 solo il 67,6%.

 

[3] Nel 1980, su 100 coppie che si sposavano, 9 si separavano e 3,7 divorziavano. Nel

2000, su 100 matrimoni, 23,5 coppie si separano e 12,3 divorziano. Oggi l’8% dei bambini italiani nasce fuori del matrimonio.

 

[4] Nel 1969 in un anno furono ordinati 740 nuovi sacerdoti, nel 2004 solo 435, e di questi quasi uno su cinque veniva da altri paesi. Negli ultimi 50 anni, il calo ha colpito soprattutto le suore in Italia: sono diminuite del 34%.

 

[5]  Cfr. Luca Diotallevi, La parabola del clero. Uno sguardo socio-demografico sui sacerdoti diocesani in Italia, Fondazione Agnelli, Torino 2005. Anche Franco Garelli, La chiesa in Italia, 2007.

 

[6] Il 40% degli italiani è favorevole addirittura al matrimonio, puro e semplice, tra gay (erano il 28% nel 1993). Una percentuale comunque inferiore a quella degli altri paesi europei, eccetto la Grecia. Secondo un sondaggio EURISPES del 2006, risultava che il 67% degli italiani era favorevole comunque a un equivalente dei PACS francesi.

 

[7] Renato Mannheimer, “Eutanasia, sì dalla maggioranza degli italiani”, Corriere della Sera, 27-XII-06.

 

[8] Sondaggio Demos-Repubblica, novembre 2006.

 

[9] Ilvo Diamanti, “La generazione senza nome”, La Repubblica, 11-II-2007, p. 26.

 

[10] Secondo una ricerca Demos-Eurisko, a un quarto degli italiani la Chiesa appare “vicina al centrodestra”, quasi nessuno la vede vicina al centrosinistra. E solo una minoranza dei cattolici praticanti dichiara oggi di votare per l’Unione. Insomma, lo schieramento cosiddetto di centrodestra ha ereditato in gran parte il tipo di elettorato che un tempo convergeva nella DC.

 

[11] Ilvo Diamanti, “La fede come bussola per la società inquieta”, La Repubblica, 18 marzo 2007, pp. 14-5.

 

[12] Solo una minoranza invece considera moralmente ammissibile l’aborto oggi - il 23%. Ma lo considerava ammissibile il 30% nel 2003.

 

 

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